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[Primavera 2012] Menorca - Puerto Addaya


Per la Corazzata Roma sono quasi diventato un modellista

Di: vagabond 10-06-2011

VAG -

Dopo circa quattro anni, il 31 maggio del 2011 il modello in scala 1:100 della corazzata Roma ha mollato gli ormeggi dal cantiere di casa mia per compiere la sua prima navigazione verso l’Isola del Rey nel porto di Mahón.

Sono così riuscito a onorare l’impegno di portare il modello al Museo della Roma in occasione delle celebrazioni per i trecento anni di vita dell’ex Ospedale Navale dell’isola del Rey che accolse i suoi naufraghi sopravvissuti e feriti.

Chi ha seguito da vicino questa avventura, conosce le enormi difficoltà che sono state la costante principale nella costruzione di questo modello. A Minorca, una meravigliosa piccola isola al centro del Mediterraneo occidentale, già capitale della bigiotteria europea prima che il costo della mano d’opera a buon mercato avesse spinto i produttori verso paesi lontani, non esiste nessuna possibilità di trovare materiale per il modellismo. Sono stato perciò costretto a ricerche fuori dell’isola che si sono spinte da Palma de Mallorca a Barcellona,Torino, Bologna, Milano, Bolzano, fino in Germania, coinvolgendo un mucchio di amici: Pierantonio Franchi, Andrea Filippi, Antonietta Greco, Andrea Amici, Gianpiero De Andreis e tanti altri che voglio ringraziare di vero cuore.

La prima difficoltà è cominciata con la scala di 1:100 che avevo scelto per la costruzione. Da un lato sono stato aiutato dai disegni acquistati da Carlo Preve all’Associazione Modellisti Bolognesi e dalle fotografie del modello del “inarrivabile” Giancarlo Barbieri. Mi è mancata però la documentazione tecnica dei particolari che su internet non mi è stato possibile trovare, specie per la nutrita quantità di dettagli più piccoli.

In Italia avrei potuto godere delle informazioni che si possono trovare sui libri esistenti, frequentando qualche pubblica biblioteca. Visto il costo di alcuni libri che ho comprato, se avessi potuto prenderli tutti, avrei speso una vera fortuna solo per quello.

La difficoltà principale è stata quella di dover imparare il mestiere di modellista, essendo per me la prima volta e certamente anche l’ultima, in cui mi sono imbarcato in un lavoro tanto impegnativo, che non avevo mai neppure sognato di fare prima.

Ho iniziato a comprare alcuni utensili e a costruirne degli altri, poi per prova, ho cominciato a saldare alcuni pezzi di ottone, prima con lo stagno e poi con la saldatura autogena. Dopo tanti insuccessi sono arrivati alcuni buoni risultati, quindi ho cercato di imparare a tornire, con un piccolo tornio scolastico che mi ha prestato l’amico Josè Maria Cardona Natta direttore di un istituto tecnico navale di Mahon.

Dopo aver danneggiato alcune piccole barrette di ottone, sono riuscito a capire come bisognava fare, principalmente per molare gli utensili. A furia di fare, ho cominciato ad andare sulla buona strada e sono arrivati i primi risultati accettabili.

Dopo altri mesi di “istruzione”, ho iniziato a costruire le ordinate e ad assemblare lo scafo in legno, materiale nel lavorare il quale avevo una certa capacità. Mentre la nave cominciava a prendere forma, l’amico Franco Pernigotti su un tavolo luminoso, che avevo in precedenza costruito, ricalcava dai disegni le sagome su cartoncino delle decine di pezzi che compongono le sovrastrutture. Bisognava ritagliarle in ottone e cominciare a mettere insieme i pezzi saldando e limando.

Questa parte del lavoro è durata quasi due anni ed è stata la più complicata a causa della quantità di pezzi da costruire e dell’esperienza troppo sommaria e insufficiente che avevo accumulato. Alla fine, dopo aver rifatto alcune cose che non mi avevano soddisfatto pienamente, sono arrivato al punto in cui si cominciava a vedere la struttura generale della nave.

Credevo di aver superato le difficoltà maggiori, ma quelle che venivano dietro erano ancora più grandi. Si trattava di costruire decine di piccoli particolari diversi e in piccole quantità uguali. Era necessario costruire dei prototipi e degli stampi per fare delle fusioni in piccole serie di tutti questi dettagli.

Per risolvere questo ennesimo problema, è venuto in aiuto l’amico scultore Toni Gomila che sta terminando il restauro della torre settecentesca dell’Ospedale Navale. Sta facendo un lavoro strepitoso, tenendo sopratutto in conto le difficoltà di dover lavorare in condizioni veramente eroiche. Grazie a Toni ho conosciuto Pablo Pinedo, professore di gioielleria alla Scuola d’Arte di Mahón, il cui aiuto, mai meglio detto: “prezioso”, è stato determinante. Principalmente mi ha impartito lezioni di oreficeria pratica, mediante le quali ho capito tante particolarità affascinanti nella lavorazione dei metalli.

Con Pablo abbiamo realizzato gli stampi per la bassa fusione, così si chiama e grazie a lui abbiamo ottenuto tutti i pezzi necessari fatti a Ciutadella dal suo amico Felix Disseny fonditore di metalli per i gioiellieri e per le poche fabbriche di bijotteria ancora rimaste a Minorca.

Una menzione speciale riguarda la verniciatura, per la quale l’amico Maurizio Alessandri specialista carrozziere, è venuto da Milano a Minorca per ben tre volte. La prima per completare lo scafo, poi per preparare il fondo delle sovrastrutture in ottone e infine per completare con la vernice grigio-cenerina tutte le parti della nave.

Maurizio è uno dei più solerti, attivi e concreti sostenitori dell’Associazione Regia Nave Roma. Il suo impegno è un esempio per tutti quelli che hanno a cuore il ricordo e l’insegnamento, della tragedia della Nave Roma. Grazie a lui, ho potuto avere la preziosa collaborazione di un altro amico modellista vero, Sergio Pizzini che aveva fatto la sua Roma già trent’anni fa, il quale ha costruito tutti i pezzi che riguardano la parte aeronautica della nave, facendomi risparmiare molto tempo e consentendoni di arrivare in tempo per la data stabilita.

A questo punto il lavoro principale sembrerebbe ultimato, mancano ancora tanti piccoli particolari che farò e aggiungerò mano a mano che saranno completati.

In ultimo, voglio citare ancora due amici menorchini che hanno costruito il tavolo e la teca di cristallo nella quale è conservato il modello. Sono Josè Granja della omonima carpenteria di alluminio di Es Mercadal e Manolo Iglesias vetraio di Alaior. Sono stati amici generosi, mi hanno fatto pagare praticamente solo il materiale.

Questo modello, è l’opera collettiva di un gruppo di amici italiani e spagnoli che continuano con la solidarietà e l’amicizia cominciata quel 10 di settembre del 1943, a tener viva la storia della Corazzata Roma.

Non è soltanto un modello di nave da guerra per illustrare in maniera tridimenzionale e spettacolare, quella che era la vera nave Roma.

Rimarrà sempre al centro della sala Memorial Acorazado Roma all’isola del Rey a Mahon, come segno di riconoscenza degli italiani di Spagna a quegli uomini che diedero la vita per l’Italia e a quelli che li accolsero e curarono le loro ferite del corpo e dell’anima.

Ogni domenica una moltitudine di visitatori di ogni nazionalità, conoscerà questa storia che è cominciata in Italia e si è conclusa in una Spagna ospitale e solidale, nel momento più drammatico e tragico della storia d’Italia nella Seconda Guerra Mondiale.

Considerazioni

Il pensiero di eko

Che dire se non che questa è l'ennesima impresa di un uomo incredibile. E sopratutto un grande gesto d'amore fatto da un uomo verso la sua compagna.

Infatti tutto questo perchè la sua compagna perse suo padre proprio nell'affondamento della Regia Nave Roma

Ma anche perchè non si dimentichi il ricordo di una tragedia, che il potere politico e militare decretò vigliaccamente senza il minimo senso di pietà e di vergogna verso quei poveri 1800 marinai che morirono in quella tragedia.

A testimonianza imperitura dell'arroganza, la presunzione, la mancanza di umanità e incapacità degli organismi militari. Che hanno sempre giocato con la pelle dei loro uomini.

eko

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